In un mondo globalizzato come quello odierno, la migrazione è all’ordine del giorno. Immigrati ed emigrati creano un flusso continuo di persone che cambiano paese per cercare un futuro migliore altrove, per scappare da situazioni di pericolo e incertezza, o semplicemente per inseguire i propri sogni
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FNonostante la normalità e la quotidianità di questo fenomeno, tuttavia, persistono ancora problemi di inclusione e integrazione dei migranti nei paesi di destinazione. Stereotipi rafforzati da discorsi politici, finiscono infatti per dar vita spesso a meccanismi di esclusione sociale.
Per poterli combattere è necessario diffondere delle pratiche di inclusione che contemplino tutti gli aspetti della vita.
La domanda che ci poniamo in questo articolo è: possono essere le arti performative, e il teatro in particolare, uno strumento per promuovere azioni che alimentino mutualità tra cittadini, abitanti, immigrati e nuovi arrivati, spazio di lotta contro le pronunce non inclusive che marginalizzano i migranti?
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Per rispondere, basta guardare alle origini del teatro: da un lato l’inclusione è da sempre tematica drammaturgica, dall’altro l’interculturalità sta alla base della dinamica teatrale stessa. Quest’ultima, infatti, si crea proprio grazie alla relazione tra un attore e uno spettatore portatori di patrimoni culturali più o meno differenti.
Il ruolo dell’arte, soprattutto di quella performativa, è quindi in quest’ambito di:
commentare catastrofi o eventi drammatici e aiutare i migranti, sia con l’espressione creativa di sé, sia con l’eliminazione di tensioni e frustrazioni attraverso la narrazione, sia con l’elaborazione terapeutica di traumi;
partecipare direttamente al processo di cambiamento, sensibilizzando l’opinione pubblica, diventando un forum di discussione politica, trasmettendo esperienze emarginate e amplificando le voci di coloro che non vengono ascoltati.
Il teatro e le arti performative provano così ad influenzare il modo in cui la società è strutturata e a diffondere sentimenti di accoglienza e meccanismi di inclusione sociale.
Tante sono le buone pratiche che si sono già diffuse in quest’ambito in Unione Europea.
REACT
Il progetto, co-finanziato dall’Unione Europea, nasce dalla partnership tra acta Community Theatre ltd (GB), Stichting Rotterdams Wijktheater (Olanda), Centro Per Lo Sviluppo Creativo “Danilo Dolci” (Italia).
Lo scopo è quello di offrire ai rifugiati l’opportunità di usare la propria creatività, i propri talenti, le proprie idee e opinioni e la propria immaginazione per mettere in scena uno spettacolo teatrale.
In questo modo i rifugiati hanno la possibilità di comunicare con le comunità che li ospitano. Allo stesso tempo, fornisce loro nuove abilità e competenze, dalla lingua alla conoscenza del territorio.
MIGRANT BODIES
Il progetto, anch’esso co-finanziato dall’Unione Europea, nasce dall’unione di 4 partner: Centro per la Scena Contemporanea (Italia), La Briqueterie – Centre
de développement chorégraphique du Val de Marne (Francia), HIPP The Croatian Institute for Dance and Movement (Croazia) e D.ID Dance Identity (Austria).
I migranti e i rifugiati partecipano a corsi di diverse arti performative (danza, eventi e spettacoli), sperimentando di essere parte di un collettivo e vivendo un’esperienza comune con i cittadini in teatri e contesti artistici.
Parallelamente a queste attività, le loro storie vengono raccolte con supporti audiovisivi e diventano parte di una mostra che ha lo scopo di promuovere il rispetto e la comprensione della diversità, dando ai cittadini dell’UE l’opportunità di scoprire, imparare e comprendere i valori e le culture dei rifugiati/migranti e di riscoprire e arricchire la propria.
IMPACT
Il progetto IMPACT (Inclusion Matters: using Performing Arts towards Cohesion and Tolerance, co-finanziato dall’Unione Europea) riunisce partner dell’Unione Europea e dei Balcani occidentali, al fine di promuovere l’inclusione sociale sviluppando strategie, tecniche e metodologie artistiche rivolte a rifugiati e cittadini.
Per portare a termine tali obiettivi, è stata sviluppata una pedagogia innovativa che utilizza le forme d’arte come mezzo per riunire giovani rifugiati (16-35 anni) e comunità locali, per creare un ponte di comprensione tra di loro.
In questo modo, le arti performative permettono ai rifugiati e ai cittadini locali di conoscere le reciproche esperienze, culture e valori.
Questi esempi sono solo alcune delle tante iniziative che danno una risposta positiva alla domanda che ci siamo posti all’inizio dell’articolo: il teatro e le arti performative possono effettivamente aiutarci a sostenere i processi di inclusione e integrazione dei migranti, nella speranza che questi progetti portino cambiamenti reali nell’opinione pubblica e nella politica.
Autore: Sara Coppolecchia
RISORSE
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